Elezioni brasiliane: Lula vs Bolsonaro

Liz Truss

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In questa settimana abbiamo potuto vedere come le elezioni tra le più polarizzate della storia brasiliana siano state messe al centro del ciclone, generando opinioni contrastanti su quanto sarebbe poi accaduto in base al risultato che lo spoglio avrebbe dato. Lo scontro tra titani vede Luiz Inàcio Lula da Silva, 76enne ex Presidente del Brasile (2003-2011) di sinistra con il suo “Partito dei Lavoratori” e dall’altra parte, un Jair Bolsonaro rappresentante e attuale presidente dell’estrema destra.

Elezioni brasiliane: Lula e Bolsonaro

Politiche ovviamente differenti che hanno portato a dei risultati incredibilmente concentrati in base alla zona geografica da dove venivano. Tipico negli Stati Uniti, dove le campagne sono Repubblicane e i centri più densamenti abitati Democratici, in Brasile è avvenuta una votazione analoga ma opposta. Nelle parti più povere (che sono poi le campagne) si è arrivati ad una concentrazione del 70% dei voti a favore di Lula (zona nord-est) mentre nella zona più ricca e concentrata del sud come i tre stati più benestanti come São Paulo, Rio de Janeiro e Minas Gerais un 70% di voti per Bolsonaro. Tutto sta nei propositi che si sono posti, primo fra tutti la lotta alla povertà di Lula che si scontra invece con le misure per incentivare e facilitare la parte ricca del paese, capace di immettere soldi nell’economia nazionale. Basti vedere come il mercato si pensa possa rispondere, portando ad una reazione sicuramente migliore se la vittoria di Bolsonaro divenisse realtà con le sue manovre economiche più espansive rispetto al suo avversario che rimane impigliato nei suoi vecchi propositi, oramai un po antiquati per questo nuovo Brasile. Brasile che ricordiamo, figura al dodicesimo posto per dimensione di Pil con circa 1,650 trilioni, più o meno uguali ad una vecchia gloria come la Russia del 2021. Come riportato nel grafico si ha una crescita importante nel senato della sinistra, avendo una facilità di manovra aggiunte nel caso in cui Lula dovesse essere eletto presidente che però, dovrà continuare a scontrarsi con una di estrema destra e centro ancora totalmente rilevante.

Difatti, i risultati delle prime elezioni hanno visto anche una presa importante di spazio nel senato da parte dell’estrema destra,spiegata dal fatto che negli ultimi anni la crescita delle lobby nell’agroindustria, la chiesa evangelica e le lobby delle armi, tutti alleati chiave dell’attuale presidente, hanno operato pesantemente sull’organo legiferatore, quale è il senato.

Le proposte economiche di Lula variano tra il rimettere lo stato al centro nel policy making e usare fondi governativi per cercare di rinnovare le infrastrutture, così da dare una spinta alla crescita. Sicuramente da parte di Lula abbiamo una retorica che riporta alle vecchie conquiste fatte nel mandato passato piuttosto che nuove proposte fresche per il mercato, che difatti come detto in precedenza, tende a premiare la possibile vittoria dell’idea economica di Bolsonaro. Paulo Guedes, ministro della finanza dell’attuale presidente, fa intendere che le politiche proposte saranno sulla falsariga di quelle odierne e dunque un mercato libero, una sburocratizzazione, una promozione nella privatizzazione per aumentare l’efficienza del paese e cercare di semplificare delle leggi sul lavoro. Da sottolineare come, anche se premiate principalmente dalle società più grandi, anche piccole realtà che grazie a delle microeconomiche riforme nell’amministrazione hanno portato all’appoggio dell’estrema destra. 

Per terminare ricordiamo come Lula è stato un presidente impegnato nella salvaguardia dell’ambiente e dell’educazione, riuscendo a far diminuire nei suoi 8 anni di mandato la deforestazione amazzonica da 27 700 km quadrati a 4 500 km quadrati all’anno.

Gustavo Cruz, strategist per RB Investimentos, ha riportato come nel caso di vittoria di Lula ci sarà un aumento del valore dell’equity di aziende di educazione e costruttori edili in quanto, da come si è capito, ci saranno degli incentivi a questi settori se il Partito dei Lavoratori dovesse replicare il lavoro fatto in passato. 

Dall’altra parte abbiamo invece settori che potrebbero essere privatizzati e che dunque, in teoria, adotteranno politiche di aumento del profitto e del valore dell’azienda. Entità come Banco do Brasil SA e Petroleo Brasileiros SA (Petrobras) infatti sono le prime indicate, avendo come esempio altre aziende che in passato erano gestite dallo stato, come Centrais Eletricas Brasileiras SA, e poi messe a disposizione di investitori. A tal proposito l’ex presidente ha invece dichiarato pubblicamente l’intenzione nel voler uno stato che prenda attivamente controllo anche su queste aziende, così da generare un profitto che va direttamente nelle tasche dello stato.

Arrivati alla conclusione però non si ha ancora avuto una risposta di come i due candidati vogliano risolvere il problema, forse principale, di efficienza economica. Ricordiamo che l’investitore estero cura anche nella decisione di investimento, la parte relativa al sistema di tassazione di un determinato paese. Il Brasile è il paese che, secondo dati della Banca Mondiale, si figura al primo posto per la difficoltà e macchinosità per il suo regime fiscale. I dati forniti infatti dalla WB riguardo al tempo impiegato per preparare e pagare le dichiarazioni fiscali e dunque le tasse, attestano che mediamente una compagnia di medie dimensioni brasiliana impieghi sulle 1500 ore mentre una degli Stati Uniti su 175 ore e 110 in Gran Bretagna. E per quanto Guedes sia sembrato preoccupato della questione non si sono mosse delle proposte o riforme su come superare questa problematica, le quali complicazioni nel risolvere la questione sorgono principalmente da una pletora di interessi che si competono tra loro, partendo dai differenti stati per finire con le corporate lobbies più influenti, per concludersi all’interno dello stesso senato, organo legiferante del paese.

Ad aggiungersi a questo, se si vuole far crescere un paese in maniera lungimirante si deve comunque investire pesantemente nelle infrastrutture, per rendere più efficienti in termini di consumi e logistici per i spostamenti e dare un sostegno formativo/didattico capace di avere persone con delle formazioni all’interno del paese. In Brasile, riportata anche graficamente, si ha una carenza importante delle spese in rapporto al PIL per l’educazione che porta successivamente a una mancanza di skills capaci di far aumentare la produttività del paese. Si spende momentaneamente il 13% di pensioni e 6% di educazione, e sotto il governo Bolsonaro la situazione è peggiorata. Ma in un paese dove il 90% dei fondi governativi sono già impiegati per spese obbligatorie come pensioni e stipendi statali, si ha difficilmente la possibilità di investire in altro se prima non si alloca efficacemente o si aumenta la produttività per avere più fondi a disposizione. Per quanto queste cose possano sembrare oggettive e valide ci sono delle attenuanti da tenere in considerazione. Sebbene una miglioria delle infrastrutture, e dunque un aumento nella spesa pubblica, sia d’obbligo anche per un funzionamento più “liscio” del paese, ci sono altri investimenti che per essere fatti devono necessariamente tenere conto di altri fattori. Se una nazione aumenta infatti la spesa per l’istruzione quando comunque poi avviene una fuga di cervelli o di high-skills manifatturiere, si finisce per dare in maniera indiretta degli incentivi alle altre nazioni che beneficeranno dei nostri finanziamenti. Quindi si deve pensare ad un miglioramento nella sicurezza e all’aumento dello stipendio medio che, paragonato al costo della vita in Brasile, sta scontando da qualche tempo un’inflazione. Si guadagna più o meno le stesse cifre ma si paga di più. Qui riportati abbiamo il grafico dello stipendio medio in Brasile con un picco di crescita registrato solo per una questione aiuti durante il Covid e dall’altra il CPI brasiliano dove vede un aumento costante del costo della vita, praticamente triplicato in circa 20 anni. Oltre a questo, anche i vari indici che vanno a calcolare la sicurezza dei vari paesi per tasso di criminalità ogni 100.000 abitanti, confermano come il Brasile sia un paese ancora poco sicuro e rischioso per poter vivere una vita tranquilla, terzo solo dopo Venezuela e Guyana per crimini commessi nel Sud America. Esempi:

  • Brasile 67.49
  • Francia 51.99
  • Italia 44.85
  • India 44.43
  • Norvegia 33.72
Davide Ravera

Davide Ravera

Ciao, sono Davide Ravera, consulente finanziario indipendente iscritto all'Albo e al CFA Program. Dopo esperienze come analista equity, risk management e portfolio management presso due importanti banche austriache, ho intrapreso la strada come consulente finanziario autonomo per poter aver un impatto positivo sulle scelte finanziarie delle persone.