Qual è il futuro delle azioni cinesi?

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All’interno di questo articolo cerchiamo di capire cosa è successo nel mercato negli ultimi giorni per quanto riguarda la Cina e come mai ci sono state delle risposte così forti, sintomi innegabili di preoccupazione per un futuro anche abbastanza imminente.

Il 20° Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese

Xi Jinping ha consolidato ulteriormente il suo potere, dopo un decennio alla guida del paese più popoloso del mondo. 4 dei 7 membri del Comitato permanente del Politburo uscente sono stati esclusi dal nuovo comitato centrale del Partito comunista cinese.  In questi sei giorni che sono andati dal 16 al 22 ottobre XI si è posto ulteriormente al centro la posizione del Presidente, istituendo come “nucleo” del suo partito a capo del paese e all’interno del suo stesso Pcc. 

Anche se la nuova composizione del Politburo (altro non è che l’ufficio politico eletto al quale è affidata la direzione del partito) si è spostata in direzione dei nazionalisti vicini al presidente Xi e dunque avere un paese più autoritario e autoreferenziale, per il cambio di Costituzione avvenuto in questi giorni, il mercato si è preoccupato anche per altre ragioni.

L'andamento del PIL cinese

Primo fra tutti questi motivi, la mancata crescita del PIL frenata a 3,3% invece che 5,5% aspettati. Questa caduta ovviamente non casca dal cielo ma ci sono motivazioni ben specifiche che possono essere riassunte in:

  • Crisi del settore immobiliare, con questa bolla che invece di esplodere si sta lentamente sgonfiando facendo decrescere la grande spinta che ha dato in tutti questi anni al PIL.
  • Connesso a questa, il rallentamento demografico porta a pensare che si è arrivati al picco di popolazione tra i 15 e 64, iniziando lentamente a diminuire. Questo dato, sebbene possa sembrare secondario rispetto alla gravità dello schema Ponzi innescato nel mercato immobiliare cinese, in realtà lo aggrava. Infatti, questo non permette una continua vendita di nuovi immobili, bloccando lo schema di costruzione di immobili “a tuttti i costi”. Questo è in linea con quanto avvenuto in passato in Giappone e Corea del Sud, raggiunto il picco del medesimo range di età. Lo stesso rallentamento aggrava anche il problema del PIL, in quanto la sola crescita della popolazione è un driver della crescita della produzione.
  • Strategia zero covid, la quale sta rallentando l’economia in vari modi. Nel presente, con una riduzione dei consumi, così come per le prospettive future, scoraggiando nuovi investimenti, oltre a condizionare le scelte delle imprese già presenti nel paese. La Cina in questo contesto ha visto molte aziende estere nell’ultimo anno spostarsi per cercare maggiore stabilità.  
  • Tensioni geopolitiche, principalmente la questione dell’Indipendenza di Taiwan e l’appoggio (anche se sembra ormai acqua passata) alla Russia per il conflitto con l’Ucraina.
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L’intenzione di Xi Jinping è di far divenire entro il 2035 la Cina un paese sviluppato, implicando una crescita necessaria del 5% annua del PIL pro capite. Chiariamo che sebbene non vi sia una minimo generalmente accettato per definire una nazione sviluppata, si intende sicuramente uno stato capace di fornire un benessere economico distribuito nella popolazione con alcuni indicatori di sviluppo quali alfabetizzazione, copertura dei servizi medici, aspettativa di vita (riassunti in sicurezza, salute e istruzione) di un livello sostenuto.

Quello che però ci si aspetta, dato il quadro sopra riportato, sarà una crescita del 2.5%. Già, boccone pesante che ancora deve essere digerito da Pechino considerando che se la sua rivale dell’Occidente continua ad avere una crescita del 1.5%. Son simili tassi di cambio e inflazione, i due PIL non si incrocerebbero almeno fino al 2060. 

Il crollo della produttività e la situazione del debito cinese

 Ma la produttività è crollata nell’ultimo periodo, facendo diminuire l’efficienza del capitale che impone alla Cina ora di investire $8 per generare $1 di crescita del PIL, il doppio rispetto un decennio fa e la peggiore rispetto ogni altra economia maggiore mondiale. Sebbene poi uno non se lo sarebbe aspettato data la continua positiva bilancia commerciale degli ultimi anni, la Cina risulta essere pesantemente indebitata finendo per essere in termini reali (il cosiddetto debito aumentato, che comprende il governo centrale, governi locali e i loro veicoli di finanziamento nonché attività fuori bilancio) a 275 Deb/Pil non considerando che molto del quale è stato immesso nella bolla immobiliare, alimentando spese completamente inutili. 

Quindi, come riportato nel modello di Solow capitale e operai sono la chiave per la produttività nel lungo termine, sia per la qualità degli stessi che per la quantità. La Cina con una popolazione che si sta restringendo e una produttività in declino non potrà continuare a immettere più capitale a questi tassi insostenibili, finendo per gonfiare troppo il debito e crollare su stessa. Nella situazione che vediamo, dunque, la crescita del 2.5% sarà un successo qualora dovessero riuscirci mettendo il 5% riportato sopra insostenibile per la quantità di capitale che dovrebbero immettere. 

Vedremo quali saranno le risposte nel prossimo trimestre dell’economia cinese.

Davide Ravera

Davide Ravera

Ciao, sono Davide Ravera, consulente finanziario indipendente iscritto all'Albo e al CFA Program. Dopo esperienze come analista equity, risk management e portfolio management presso due importanti banche austriache, ho intrapreso la strada come consulente finanziario autonomo per poter aver un impatto positivo sulle scelte finanziarie delle persone.