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Il ruolo dei bias negli investimenti

Molto bene, abbiamo compreso la differenza tra risparmiatore e investitore e l’importanza del risparmiare e dell’investire, e soprattutto abbiamo trovato quello che forse è il nostro più grande alleato, il tempo. Ci resta ora da capire come funziona il nostro agire di fronte ai mercati finanziari. Ci sono infatti parecchi tranelli di cui l’investitore, anche se tecnicamente preparato, deve tener conto, ed evitarli.

Il nostro cervello, la nostra percezione, non sono costruiti per dare una lettura immediata del valore del denaro, essendo predisposti ad uno scambio più fisico che simbolico (il denaro è un simbolo). Un vero stimolo di piacere di tipo primario infatti ce l’abbiamo con il cibo, con una bevanda, mentre quello del denaro chiede alla nostra mente un passaggio ulteriore: l’astrazione del concetto. 

Il denaro, di per sé, ha un valore simbolico: un euro ha valore se ci permette di prendere quel determinato prodotto o servizio, altrimenti non avrebbe quel valore, ma sarebbe solo un pezzo di metallo. Questa mancata predisposizione naturale, che viene colmata da un impianto educativo culturale che ci propone una peraltro scarsa educazione finanziaria, ci espone a rischi e situazioni in cui potremmo compiere scelte sbagliate. 

Cosa sono i bias?

Ogni giorno il vostro cervello è inondato da milioni di informazioni. Troppe, rispetto a quante ne potrebbe processare correttamente. Questo è il motivo che porta il cervello umano a ricorrere a delle strategie cognitive per essere più veloce, risparmiare tempo e fare meno fatica. A tal proposito, esistono delle vere e proprie scorciatoie mentali che soddisfano pienamente queste esigenze. Queste scorciatoie sono utili al nostro cervello, hanno infatti permesso l’evoluzione e la sopravvivenza: quando siamo sotto pressione, il cuore aumenta la sua frequenza per permetterci una fuga o una reazione più rapida, che noi lo vogliamo o meno. 

Questo permette di risparmiare tempo e risorse, ma molte volte ci portano fuori strada, portandoci a compiere errori di ragionamento e di valutazione, che prendono il nome di BIAS COMPORTAMENTALI. Questi si possono dividere in due tipi: bias cognitivi (disponibilità, ancoraggio, inquadramento, conferma) e bias emozionali (status quo, avversione al rimpianto e alle perdite, possesso, overconfidence).

I bias cognitivi

“Errare è umano. Essere consapevoli degli errori più comuni aiuta a prendere decisioni migliori.”
Richard H. Thaler

  • DISPONIBILITA’: Noi investitori rischiamo di scegliere un investimento (o una classe di investimenti) sulla base di qualcosa di cui sentiamo parlare spesso o di cui abbiamo sentito parlare recentemente, senza però che questo sia accompagnato da una dovuta e attenta analisi approfondita e responsabile. Questo tipo di bias è molto vicino ad un altro, chiamato con l’acronimo FOMO (Fear Of Missing Out), ovvero la paura di restare fuori da un affare che sembra incredibile, e quindi buttarcici a capofitto senza la giusta razionalità.
  • ANCORAGGIO: ovvero restare fermi alle informazioni che già possediamo. Poniamo di voler acquistare un’azione di cui gli analisti propongono come target price 2 euro: noi riusciamo a comprarla a 1,7 euro. L’anno seguente, gli analisti cambiano le stime poiché sono subentrate delle difficoltà intrinseche alla azienda o estrinseche, e le stime di target price calano a 1,50: non restiamo ancorati, ma manteniamo sempre la giusta razionalità.
  • INQUADRAMENTO: fenomeno a causa del quale siamo portati a seguire le nozioni che ci vengono comunicate non per il contenuto, ma per come ci sono proposte, traendoci in inganno prediligendo informazioni scarse o non validabili ma ben presentate rispetto ad altre costruite in
    modi meno convincenti ma più affidabili.
  • CONFERMA: si intende la tendenza a ricercare solo le notizie che avvalgono le nostre tesi e le nostre posizioni, ignorando invece quelle che le contraddicono e, dovrebbero, porci in una posizione di dubbio o riflessione.

I bias emozionali

  • STATUS QUO: ovvero rimanere fermi immobili in quella che è definita comunemente come confort zone, evitando quindi modifiche che apporrebbero benefici ma, essendo novità, trovano in noi delle resistenze.
  • AVVERSIONE AL RIMPIANTO e ALLE PERDITE: vicino, per concezione, al fenomeno della FOMO già citato, ma valido anche per le perdite: piuttosto che provare il senso di perdita che causerebbe la vendita di una posizione in negativo, tendiamo a mantenere questa posizione più a lungo del dovuto. Questo fenomeno trova in sé una spiegazione di tipo biologico-evolutivo: l’amigdala fa da “centralina” per l’esagerata anticipazione del dolore per le possibili perdite derivanti da una scelta. In quelle persone dove questa parte del sistema limbico ha un volume maggiore, “l’avversione per le perdite” è maggiore. L’amigdala è una parte antichissima del cervello ed è anche il centro neurale della paura e dell’ansia: in epoche primordiali uscire da luoghi protetti e rischiare per guadagnarsi il cibo poteva comportare il pericolo di perdere la vita per via dei predatori. Un danno definitivo. Dunque, la natura ha dotato il cervello di un sistema di tutela improntato a una grande prudenza dinanzi ai rischi, e l’esito riscontrato è un rapporto di 1 a 2,25 o 2,50: significa, appunto, che le perdite pesano più del doppio delle vincite. E questo influenza i nostri comportamenti a proposito dei soldi e degli investimenti (l’elaborazione di questi studi applicati alla finanza portarono il Premio Nobel al Dr. Daniel Kahneman, di cui suggeriamo la lettura del testo ‘’Pensieri lenti e veloci’’).
  • POSSESSO: in qualche modo, ogni investitore ha i suoi titoli preferiti, e questo bias può portarci a tenere posizioni in questi titoli anche quando le situazioni o i cambiamenti suggerirebbero un approccio più razionale e meno di legame.
  • OVERCONFIDENCE: ovvero sopravvalutare le proprie capacità e conoscenze rispetto all’argomento che affrontiamo, sopravvalutando i rendimenti attesi e rischiando di assumerci rischi inopportuni.
Davide Ravera

Davide Ravera

Ciao, sono Davide Ravera, consulente finanziario indipendente iscritto all'Albo e al CFA Program. Dopo esperienze come analista equity, risk management e portfolio management presso due importanti banche austriache, ho intrapreso la strada come consulente finanziario autonomo per poter aver un impatto positivo sulle scelte finanziarie delle persone.